Brugnera, Latteria Soligo: «Il rischio è che sparisca il Made in Italy».
L’inaudita e inattesa esplosione dei prezzi dei combustibili e delle materie prime minacciano seriamente la sopravvivenza del settore lattiero caseario italiano.

RINCARO MATERIE PRIME: SOFFRE IL LATTIERO CASEARIO DEL VENETO
Un grido di aiuto che si leva dall’intera filiera agroalimentare, colpita da un’emergenza che sta facendo sentire tutta la sua gravità anche in Veneto, in cui la situazione è particolarmente difficile per le produzioni di qualità, ovvero quei prodotti tipici che da secoli arrivano sulle tavole dei consumatori.
Emblematico il caso di Latteria Soligo che, da circa 140 anni, opera grazie al lavoro dei soci produttori di latte impegnati affinché ogni giorno le famiglie possano consumare alimenti buoni, sani e genuini: latte fresco, Casatella Trevigiana DOP, Mozzarella Tradizionale STG, burro QV, Montasio, Asiago e Grana Padano sono solo alcuni esempi.
Una sicurezza alimentare che oggi rischia di venire meno a causa dell’impennata generale dei prezzi, come ad esempio quello delle materie prime per l’alimentazione animale (mais e soia) aumentate del 50%, il prezzo del gas naturale salito addirittura del 500% (un caseificio della latteria sociale da un costo di € 25mila al mese è arrivato a € 125mila) e l’energia elettrica più che raddoppiata (la bolletta elettrica di Latteria Soligo è passata dai € 36mila di gennaio 2021 agli € 80mila di gennaio 2022).
«Una situazione oramai insostenibile ma che, come latteria sociale, stiamo cercando di fronteggiare – sottolinea Lorenzo Brugnera, presidente di Latteria Soligo – ad esempio, attuando rapidi interventi di efficientamento dei processi di produzione, con una riduzione del consumo di energia per ogni reparto e per ogni lavorazione. Ma oggi i costi stanno, purtroppo, superando nettamente i ricavi e molti nostri soci si vedono costretti a chiudere le proprie attività.
Per essere ancora più chiari: prendiamo un’azienda con una stalla da 120 vacche, ognuna delle quali produce mediamente 32 litri di latte al giorno; il costo dell’energia per la mungitura che nel 2021 era di € 0,017 al litro, oggi è di € 0,047 al litro, con una differenza di + 3 centesimi per ogni litro di latte. La fattura mensile di energia è invece passata da € 2.200 a oltre € 5.500 al mese.
E non finisce qui: all’aumento del costo energetico per la mungitura (+ € 0,03/litro) si aggiunge il costo alimentare per ogni bovina, è aumentato di almeno 2€ al giorno per ciascuna vacca; quindi, dividendo la cifra per la produzione media di 32 litri per bovina, l’alimentazione animale costa al produttore 6 centesimi per litro in più. Sommando l’aumento del costo alimentare a quello energetico si ha un aumento pari a 9,25 centesimi per litro.
I conti sono presto fatti: oggi produrre 1 litro di latte in stalla costa quasi 10 centesimi in più rispetto ad un anno fa. E la stalla che abbiamo preso come esempio è il prototipo di un’azienda familiare come quelle di tanti nostri soci, il modello che si è rivelato essere l’ideale per conservare la biodiversità, salvaguardare la tutela dell’ambiente e attuare un vero benessere animale».
Accanto ai maggiori costi che si registrano in stalla, vi sono poi i maggiori costi dell’energia a carico dei caseifici e delle centrali del latte: su questo fronte Latteria Soligo stima che nel 2022 l’incremento della spesa energetica sarà di circa 4 centesimi per litro di latte lavorato rispetto all’anno 2021 appena concluso, al quale si aggiungerà l’incremento della spesa per il confezionamento, con rincari che vanno dal +15% del vetro al +70% della carta, per arrivare ad una consistente maggiorazione dei costi di trasporto, saliti in media del 10-15%, con il gasolio incrementato, dal 2020 ad oggi, di circa il 40%. Quindi tra i maggiori costi in stalla ed in caseificio una filiera di prodotto, qual è Latteria Soligo, deve affrontare il mercato con una maggiorazione costo di quasi 14 centesimi per litro di latte lavorato.
Un ritocco ai prezzi dei prodotti è pertanto necessario in questo periodo così complicato per il settore lattiero caseario. Prosegue Brugnera: «Credo che i nostri consumatori, abituati ad acquistare prodotti del territorio che sono sicuri, genuini, buoni e “perfetti”, come cita il nostro statuto, comprenderebbero ed accetterebbero questi rincari, che sarebbero comunque attuati con un forte senso di responsabilità che trova le proprie radici nell’economia sociale del Prof. Giuseppe Toniolo. Ne va della sopravvivenza degli allevamenti. E se chiudono le nostre stalle saremo costretti ad importare il latte dall’estero con maggiori costi e senza controlli, privando dei prodotti locali più ricercati il nostro territorio che, anche grazie a queste tipicità, è divenuto meta turistica molto ambita ed apprezzata. E anche la Grande Distribuzione sarebbe priva di questi prodotti, con delusione dei consumatori».
La Grande Distribuzione, infatti, obietta che eventuali aumenti dei costi di produzione non possono essere scaricati sul carrello della spesa del consumatore finale. Un cane che si morde la coda?
«Di fronte a questo scenario è a mio avviso indispensabile una forte collaborazione tra chi produce e chi dialoga con il consumatore ogni giorno – conclude Brugnera – perché produttori e distributori hanno la stessa responsabilità nei confronti dei consumatori ma non si può pensare che solo chi produce debba farsi carico degli esagerati aumenti degli ultimi mesi. Ce lo hanno insegnato i nostri padri fondatori: collaborare tutti insieme per vivere meglio, tutti. Riconoscere a chi produce qualità un piccolo aiuto, significa evitare la sua morte economica che, a sua volta, si tradurrebbe in una notevole diminuzione proprio di quei prodotti Made in Italy che il mondo ci invidia e che la grande distribuzione cerca. Resta però poco tempo per trovare una soluzione: l’alternativa sono i grandiosi allevamenti da migliaia di capi sparsi nel mondo che riteniamo non idonei per un ambiente a misura d’uomo. In poche parole: non si proteggono i consumatori con la chiusura degli allevamenti».
Una cerimonia semplice ma carica di significato accoglierà domani (ore 10:30) presso il Campus di Agripolis a Legnaro (Pd), sede di Veneto Agricoltura e Università di Padova, una talea proveniente da una pianta della casa del giudice assassinato dalla mafia nel 1992. Un evento simbolico legato alla Giornata Nazionale degli Alberi e ai progetti “Un albero per il futuro” e “Radici della legalità”. Zaia: un gesto rivolto alle nuove generazioni.

Una talea prelevata dal famoso ficus di Giovanni Falcone la pianta che cresce a Palermo
Una talea prelevata dal famoso ficus di Giovanni Falcone, la pianta che cresce a Palermo nei pressi dell’abitazione del giudice assassinato dalla mafia nel 1992, arriverà domani mattina, venerdì 19 novembre, nel Veneto e precisamente nel Campus di Agripolis a Legnaro (Pd), sede di Veneto Agricoltura e di alcuni dipartimenti dell’Università di Padova. A consegnare la preziosa talea sarà il comandante del Gruppo Carabinieri Forestali di Padova, Ten. Col. Federico Corrado.
Il presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, proprio per l’alto valore che questo gesto rappresenta, ha chiesto al direttore di Veneto Agricoltura, Nicola Dell’Acqua, di custodire tramite le strutture competenti dell’Agenzia la ‘talea di Falcone‘, crescerla e prendersene cura con attenzione anche attraverso la divulgazione alle nuove generazioni che frequentano il Campus universitario di Legnaro.
La cerimonia, che si svolgerà a partire dalle ore 10:30 sul piazzale antistante la sede di Veneto Agricoltura, non arriva in una settimana qualsiasi dell’anno. Domenica 21 novembre si celebra infatti in tutta Italia la Giornata Nazionale degli Alberi, che quest’anno viene proposta con una dimensione più ampia e significativa rispetto alle precedenti edizioni.
Alle celebrazioni in programma in tutto il Paese si affiancheranno infatti le attività legate al progetto di educazione ambientale “Un albero per il futuro” e al progetto di educazione sociale “Radici della legalità“, che presenta come simbolo l'”Albero di Falcone“.
Ed è proprio nell’ambito di quest’ultimo progetto che è nata la volontà di custodire e mettere a dimora le talee prelevate dal famoso “Ficus macrophilla columnaris magnoleides” della casa palermitana del Giudice Giovanni Falcone, quale simbolo di legalità e lotta alla criminalità ma anche per rafforzare nei cittadini un indispensabile spirito di impegno sociale e di salvaguardia ambientale.
I vasi contenenti l'”Albero di Falcone” verranno consegnati e geolocalizzati nelle diverse Regioni italiane nei giorni precedenti il 20 novembre quando, a Palermo, nella cornice dell’Aula Bunker dell'”Ucciardone”, con uno speciale evento, prenderà il via l’iniziativa.
Per quanto riguarda la Regione Veneto, la consegna avverrà dunque a Legnaro nelle mani di Veneto Agricoltura il cui direttore Dell’Acqua ha annunciato che la ‘talea di Falcone’, non potendo per ovvie ragioni di latitudine essere posta subito a dimora all’esterno, trascorrerà il periodo autunno-invernale protetta nelle serre del Centro Sperimentale per l’Ortofloricoltura “Po di Tramontana” di Rosolina (Ro), per poi trovare nella prossima primavera una definitiva collocazione, altrettanto protetta ma ben visibile, nel Campus di Agripolis.
7^ edizione della kermesse delle eccellenze dell’agroalimentare regionale (ore 10-18) nei padiglioni della Fiera. In esposizione e degustazione il meglio dei prodotti agrolimentari, quelli a marchio di qualità DOP, IGP, STG (compresa la pizza), Qualità Verificata e la novità dei Distretti del Cibo. In funzione la “rostidora” di marroni.

DOMENICA IL VENETO CHE PIACE. A GODEGA S.U. (TV) IL “FESTIVAL DELLE DOP”
Quest’anno il Covid non ferma il Festival delle Dop venete, che torna dopo un anno di assenza. La kermesse, giunta alla 7^ edizione, è dedicata alle eccellenze dell’agroalimentare regionale. L’appuntamento con il pubblico e gli appassionati dei prodotti di altissima qualità della nostra agricoltura è in programma dopodomani, domenica 24 ottobre, dalle ore 10:00 alle 18:00, presso la Fiera di Godega San’Urbano (Tv). L’evento è promosso da Regione, Veneto Agricoltura e il comune di Godega S.U. Sarà inaugurata (ore 10:00) dal Governatore Luca Zaia, presenti anche, tra gli altri, l’Assessore all’agricoltura e turismo Federico Caner, e il Sindaco Paola Guzzo.
Come mai questa manifestazione? Con un totale di 89 cibi e vini certificati DOP e IGP, il Veneto è la Regione “numero 1” in Italia per numero di prodotti a Denominazione riconosciuti dall’UE, a cui si aggiungono le 5 STG nazionali e le 3 Bevande Spiritose IG regionali, per un totale di 95 Indicazioni Geografiche.
A livello economico, secondo le ultime stime dell’Osservatorio Ismea-Qualivita, il settore dei prodotti DOP/IGP/STG in Veneto vale oltre 3,9 miliardi di euro, con il comparto dei prodotti agroalimentari che pesa per il 11,3% e quello vitivinicolo per il 88,7%.
Sarà innanzitutto una giornata di festa perché, oltre all’esposizione e alla degustazione di una grande quantità di prodotti e vini regionali, sono previste numerose iniziative collaterali e attività di intrattenimento.
Tra le novità 2021, presenti per la prima volta, anche due dei nuovi Distretti del Cibo veneti, realtà legate alla produzione biologica e tradizionale, da poco riconosciuti dalla Regione in forza di una legge nazionale, il Distretto del Cibo della Marca Trevigiana e del Distretto BioVenezia.
L’evento è organizzato ovviamente in collaborazione con i vari Consorzi di Tutela che saranno presenti con i loro prodotti di stagione o trasformati. A proposito di stagione, è tempo di castagne e marroni, quindi all’esterno dei padiglioni che ospitano il Festival sarà in funzione una grande rostidora per la preparazione del prodotto principe del mese di ottobre: i due Marroni IGP trevigiani di Combai e del Monfenera e quello DOP di San Zeno di Montagna (VR).
A questa edizione 2021 del Festival delle Dop è annunciata la presenza di oltre una trentina di Consorzi di Tutela dei prodotti DOP (Denominazioni di Origine Protetta), IGP (Indicazioni di Origine Protetta) e STG (Specialità Tradizionali Garantite, nello specifico la pizza), oltre a numerose aziende venete in rappresenta dei prodotti agroalimentari a marchio QV (Qualità Verificata). Non mancheranno i Consorzi di Tutela dei Vini delle principali aree di produzione DOC e DOCG regionali e dei formaggi DOP veneti per i quali sarà allestita, d’intesa con APROLAV-Caseus Veneti, un’area attrezzata per le degustazioni guidate. Operativa anche un’area degustazione “pizza” (prodotto STG), rigorosamente realizzata con materie prime a Denominazione. Per entrambe è necessario prenotarsi su http://www.caseusveneti.it/festival-delle-dop/
La giornata si terrà nel pieno rispetto delle normative anticovid (l’ingresso è gratuito ma è richiesto il green pass).
Il Veneto è la prima Regione in Italia per numero di Indicazioni Geografiche riconosciute dall’Unione Europea (95, di cui 41 prodotti-cibo DOP/IGP/STG) per un valore del paniere di 3,9 mld/euro. Il Festival delle DOP, in programma il prossimo 24 ottobre a Godega di Sant’Urbano (Tv), e i focus settimanali di VenetoAgricolturaChannel rappresentano solo la punta dell’iceberg della grande attenzione che le Istituzioni regionali stanno mostrando a favore dei consumatori e dei produttori.

VENETO, AL TOP PER LE DOP
I prodotti dell’agroalimentare riconosciuti dai marchi di qualità dell’Unione Europea – DOP (Denominazioni di Origine Protetta), IGP (Indicazioni Geografiche Protette) e STG (Specialità Tradizionali Garantite)- stanno riscuotendo tra i consumatori un successo sempre maggiore. Per non dire dei vini DOC, DOCG e IGT, che oramai hanno surclassato la produzione dei vini cosiddetti comuni. Si tratta di Denominazioni tutelate a livello europeo, anche se qualche volta non mancano gli scivoloni (la vicenda “Prosecco” insegna), e super coccolate a livello nazionale, in particolare in quei Paesi come Italia e Francia dove le attestazioni di qualità riconosciute sono più numerose. Basti pensare che l’agroalimentare italiano può contare su ben 838 attestazioni DOP/IGP/STG, di cui 312 costituite da prodotti-cibo e 526 da vini; la Francia segue a ruota ma comunque ben distanziata con 692 prodotti complessivi, mentre gli altri Paesi si presentano in graduatoria a distanze siderali: Spagna 342,Grecia 260, Portogallo 180, Germania 135, ecc. Se all’interno di questo quadro italiano, già di per sé ben chiaro e alettante, inseriamo il valore complessivo del paniere a marchio di qualità UE, che è pari a 16,9 miliardi di euro, il gioco è presto fatto. In altre parole, stiamo parlando di un comparto – quello agroalimentare nazionale – conosciuto e apprezzato nel mondo e capace di trainare un’intera economia.
A livello veneto la musica non cambia. E che musica! Con un totale di 89 cibi e vini certificati DOP e IGP, il Veneto è la prima Regione in Italia per numero di prodotti a Denominazione riconosciuti dall’UE, a cui si aggiungono le 5 STG nazionali e le 3 Bevande Spiritose IG regionali, per un totale di 95 Indicazioni Geografiche. A livello economico, secondo le ultime stime dell’Osservatorio Ismea-Qualivita, il settore dei prodotti DOP/IGP/STG in Veneto vale oltre 3,9 miliardi di euro, con il comparto dei prodotti agroalimentari che pesa per l’11,3% e quello vitivinicolo per il 88,7%.
Anche per questi motivi, l’impegno e l’attenzione della Regione del Veneto e di Veneto Agricoltura in merito ai prodotti agroalimentari riconosciuti dai marchi di qualità dell’Unione Europea si sta facendo sempre più incisivo. Concetti quali “Agricoltura sempre più sostenibile nel rispetto dell’ambiente” e “Qualità dei prodotti per favorire i consumatori, con un occhio ai mercati” rappresentano infatti una filosofia e una politica che a livello regionale vengono marcate strette, a partire dalla promozione e l’informazione a favore della collettività.
Iniziative quali il Festival delle DOP, la cui 7^ edizione è in programma domenica 24 ottobre prossimo a Godega Sant’Urbano (Tv), oppure gli approfondimenti di VenetoAgricolturaChannel, seguitissimi su canali Social (https://bit.ly/3mH3Mi3) e su alcune TV regionali, che ogni settimana presentano nei dettagli un prodotto veneto DOP, IGP o STG, puntano proprio a far conoscere l’importanza dell’agricoltura veneta che sempre più produce qualità. Una qualità di altissimo livello, che l’Unione Europea ci riconosce attraverso le Denominazioni e che il mondo intero dimostra di apprezzare: a parlare sono i numeri.
In attesa dell’attesissimo focus sulle previsioni vendemmiali promosso da Veneto Agricoltura il prossimo 31 agosto, il team dei tecnici regionali ha fotografato la situazione. Dalle diverse aree vitivinicole del Veneto giungono informazioni che fanno ben sperare. Produzione in leggero calo.

VENETO, VENDEMMIA POSTICIPATA E DI ALTA QUALITÀ
L’atteso focus sulle previsioni della vendemmia 2021 promosso come ogni anno (47^ edizione) da Veneto Agricoltura con Regione, Avepa e Arpav si terrà il prossimo 31 agosto (ore 9:30 su Zoom e Facebook, iscrizione su: https://previsioni2021.eventbrite.it), vale a dire quasi un mese dopo rispetto all’edizione 2020 che si era svolta il 6 agosto. La spiegazione di tale posticipo è molto semplice: le basse temperature della scorsa primavera hanno ritardato le diverse fasi vegetazionali della vite e questo, a cascata, si ripercuoterà anche sull’avvio della vendemmia, che per le varietà precoci inizierà tra la fine di agosto e l’inizio di settembre.
Nel frattempo, il team regionale del Trittico Vitivinicolo, guidato da Veneto Agricoltura promotore dello “storico” evento, unico nel suo genere in Italia, ha acceso i motori e avviato il conto alla rovescia per quella che si annuncia come un’annata molto interessante. Martedì 31 agosto, dunque, la vendemmia 2021 sarà posta sotto la lente di ingrandimento degli esperti regionali, nazionali e internazionali coinvolti nell’evento. Nell’occasione saranno infatti fornite le prime indicazioni di produzione quali-quantitativa dell’imminente vendemmia nel Veneto, nel restante nord-est, nelle principali regioni vitivinicole italiane (Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Puglia e Sicilia), nonché in Francia e Spagna. Vediamo intanto come stanno andando le cose nella nostra regione.
Bardolino-Custoza
Nell’entroterra gardesano, terra di numerose Denominazioni note in tutto il mondo, tra cui Bardolino e Custoza, l’andamento meteo 2021 ha registrato temperature al di sotto della media stagionale. Ciò ha comportato un generale ritardo dell’avvio della fase vegetativa della vite di 4-6 giorni rispetto al 2020, che oggi ha raggiunto i 12-15 giorni. Allo stato attuale la fase di invaiatura (la presa di colore dell’uva) sta interessando ormai tutte le varietà. La prima parte dell’estate è stata caratterizzata anche da numerosi eventi temporaleschi, accompagnati da alcune grandinate che comunque hanno colpito pesantemente solo alcune zone a macchia di leopardo. “Peronospora e oidio non hanno creato quest’anno grossi problemi – ricorda Alessio Giacopini, tecnico del Consorzio di Tutela – ma altrettanto non si può dire per la tignoletta (lepidottero che si nutre degli acini di uva) di prima e seconda generazione su varietà a grappolo compatto quale per esempio lo Chardonnay. Questo ha causato successivamente qualche problema di botrite (muffa grigia) accentuata dalle continue precipitazioni. Ad oggi non si riscontrano grosse problematiche di giallumi della vite, in particolare flavescenza dorata e legno nero (funghi della vite), che però si sono presentati in maniera importante sulle varietà sensibili. Una grossa problematica che sta preoccupando in questo momento i viticoltori è invece quella del mal dell’esca (altra tipologia di fungo) che sta colpendo in maniera pesante la varietà Corvina”.
Valpolicella-Negrar
Nel comprensorio dell’Amarone e del Ripasso, grandi vini della Valpolicella, la stagione vegetativa è iniziata con un ritardo di 7-10 giorni rispetto agli ultimi anni a causa, come accennato, delle basse temperature di inizio stagione. Un ritardo che si è mantenuto anche in seguito dovuto ad un mese di maggio particolarmente fresco e piovoso. Di conseguenza, la fioritura della vite è risultata posticipata di 10 giorni (in pratica, dall’ultima decade di maggio si è passati alla prima di giugno) proprio per il ritardo dello sviluppo vegetativo. “Le viti – sottolinea Claudio Oliboni, tecnico della Cantina Valpolicella-Negrar – non hanno subito quest’anno particolari stress idrici e neppure attacchi fitosanitari di particolare importanza. Le viti si presentano dunque nel complesso sane e in buono equilibrio vegeto-produttivo. Rispetto alla scorsa annata i vigneti presentano un carico di uva inferiore del 10-15% e al momento ci sono tutte le condizioni per un ottima vendemmia”.
Basso vicentino e area berica
Ad oggi la situazione dei vigneti nel vicentino si presenta più che soddisfacente. Il comprensorio fortunatamente non è stato fin qui interessato da particolari fenomeni grandinigeni e le precipitazioni delle scorse settimane hanno favorito una buona attività vegetativa; di conseguenza le viti si trovano in uno stato produttivo ottimale. “Anche la sanità delle uve è ottimale – evidenzia Mirko Trevisi del Gruppo Collis – dato che non si registrano attacchi botritici, mentre le infezioni, anche virulente, di peronospora avvenute a inizio giugno sono state efficacemente combattute dai viticoltori con la normale difesa. Per le uve precoci, in questo momento in piena invaiatura, si prevede l’avvio della vendemmia nell’ultima settimana di agosto; per la varietà Glera a metà settembre; mentre per il Merlot, che in questo momento ha raggiunto il 50% dell’invaiatura, attorno al 20 settembre.”
Colli Euganei
Al momento la situazione nei vigneti dei Colli padovani è buona e non desta particolari preoccupazioni. La produzione è equilibrata e non eccessiva. “Per quanto riguarda le malattie fungine – sottolinea Andrea Gianesini del Consorzio di Tutela – si rileva la presenza di peronospora a mosaico sulle femminelle e qualche caso di larvata sui grappoli; l’oidio è per ora sotto controllo come pure la botrite. E’ stato rilevato qualche caso di black rot (marciume nero degli acini). Per quanto riguarda gli insetti della vite, la situazione appare al momento nella norma; sono infatti iniziati i voli della terza generazione della tignoletta. Le varietà precoci, come i Pinot, Chardonnay, Moscato Bianco e alcuni Merlot sono nello stadio fenologico dell’invaiatura. Nel complesso si stima un ritardo di 5-6 giorni rispetto allo scorso anno.
Conegliano-Valdobbiadene DOCG
Nel corso del 2021, il ritardo vegetazionale è stato valutato in 10-12 giorni rispetto alle cinque annate precedenti, ritardo che si sta mantenendo anche nell’attuale fase fenologica. “L’avvio dell’invaiatura – ricorda Roberto Merlo, tecnico del Consorzio Conegliano-Valdobbiadene DOCG – ha interessato come di consueto maggiormente il territorio del coneglianese rispetto all’area di Valdobbiadene. Serviranno gli esiti dei primi campionamenti, eseguiti proprio in queste ore, per sancire il ritardo di inizio vendemmia che nell’area di Conegliano dovrebbe essere a metà settembre mentre in quella di Valdobbiadene a fine settembre inizio ottobre”.
Veneto Orientale
Infine, per quanto riguarda l’area del Veneto Orientale, che interessa le Denominazioni tutelate dal Consorzio Vini Venezia (Venezia Doc, Piave Doc, Lison-Pramaggiore Doc, Malanotte Docg e Lison Docg) si annuncia un’annata di elevata qualità, anche se più scarsa sotto il profilo quantitativo rispetto agli anni scorsi. “L’andamento fitosanitario e un clima fin qui favorevole – spiega Stefano Quaggio, direttore del Consorzio – fanno ben sperare. E’ importante ricordare che gli interventi fitosanitari sono stati limitati proprio grazie all’andamento climatico regolare degli ultimi mesi”. In calo le stime di resa delle varietà precoci, che rappresentano le tipologie maggiormente presenti all’interno del territorio tutelato dal Consorzio, tra tutte la varietà Pinot Grigio.
Veneto Agricoltura ha presentato questa mattina le prime valutazioni dell’andamento del comparto agroalimentare regionale nel 2020. Nonostante la crisi per Covid, alcuni settori hanno saputo reagire. Tutti i dati settore per settore, compreso l’export. Interventi di Caner, Ciambetti e Dell’Acqua.

CRISI PANDEMIACA, SPIRAGLI PER L’AGROALIMENTARE VENETO
Conferenza stampa online di Veneto Agricoltura partecipatissima questa mattina: sotto i riflettori l’andamento del comparto agroalimentare veneto nel 2020, un anno caratterizzato da lockdown e restrizioni dovute al Covid che hanno penalizzato fortemente l’intera economia ma un po’ meno l’agricoltura. Comunque il comparto agroalimentare veneto non è sfuggito alla potente morsa della crisi ma in misura minore rispetto ad altri settori economici, si pensi per esempio all’industria, al turismo e alla ristorazione. In altre parole, i diversi comparti del primario hanno raggiunto nell’anno appena concluso performance in chiaroscuro che Veneto Agricoltura, com’è consuetudine ad inizio di ogni anno, ha analizzato nei dettagli.
“Quelli presentati dalla nostra Agenzia regionale sono dati di grande utilità – ha ricordato l’Assessore regionale all’Agricoltura, Federico Caner, intervenuto all’incontro – necessari sia agli imprenditori agricoli che ai decisori politici per poter programmare la propria attività, più che mai oggi di fronte alle difficoltà del momento. L’agricoltura veneta, che nel nel 2020 ha usufruito di 148 mln/euro di contributi (sono state oltre mille le domande di aiuto pervenute da giovani imprenditori), si sta muovendo affinché vengano modificati i criteri per l’assegnazione dei finanziamenti alle Regioni più virtuose. Caner ha anche sottolineato la forte necessità e volontà di mettere in sinergia il nostro prodotto agricolo di qualità con l’offerta turistica regionale”.
Da parte sua, il Presidente del Consiglio Regionale, Roberto Ciambetti, ha ribadito che l’agricoltura veneta nel 2020, nonostante la crisi, ha sostanzialmente tenuto, anche se le buone quantità di prodotto ottenuto (si pensi al vino) non devono essere fuorvianti poiché l’altra faccia della medaglia parla di prezzi che purtroppo, in particolare all’estero ma anche nella catena di distribuzione, sono troppo bassi e penalizzanti per i nostri produttori.
Anche il Direttore di Veneto Agricoltura, Nicola Dell’Acqua, ha rimarcato l’importanza dei dati presentati questa mattina, aggiungendo che sarà necessario saperli leggere ed interpretare attentamente considerata la crisi che ci sta attanagliando, con il settore turistico fermo e l’export che ovviamente non va a gonfie vele.
Ma veniamo ai dati presentati da Alessandra Liviero di Veneto Agricoltura, partendo da una breve analisi di sintesi e ricordando che il pre-report (quello conclusivo sarà pronto a fine gennaio) è disponibile al seguente indirizzo: https://bit.ly/2Kiej4j.
I tecnici di Veneto Agricoltura segnalano, nel 2020, maggiori produzioni per le coltivazioni legnose e per numerose colture erbacee, questo grazie ad un andamento climatico che ha favorito lo sviluppo vegetativo e ridotto le problematiche fitosanitarie. L’andamento dei prezzi di mercato è risultato invece diversificato: la chiusura di molte attività dovuta al lockdown ha generato una riduzione della domanda, a fronte di un’offerta rigida, che ha inciso negativamente sui listini dei prodotti. Tuttavia, le difficoltà di commercializzazione a livello internazionale hanno ridotto la pressione concorrenziale sui prodotti competitors (in particolare i cereali), stimolando una tendenza al rialzo dei listini nella seconda parte dell’anno.
Entrando più nei dettagli dei diversi settori, risulta che alla fine del terzo trimestre 2020 (ultimi dati disponibili) le imprese venete attive erano 61.695 unità (-1,4%), un dato in linea con l’andamento del settore nazionale che ha registrato anch’esso una diminuzione simile (-1%). Di contro, sempre nei primi nove mesi dello scorso anno, nel Veneto è stata registrata una crescita degli occupati agricoli del +10%, un andamento ben superiore rispetto a quello nazionale (+1,5%), ma in linea con quello dell’intero Nord-Est (+7%). In aumento gli occupati dipendenti (+42,4%), mentre diminuiscono gli indipendenti (-1,9%).
Note positive arrivano anche dalla bilancia commerciale veneta che per la prima volta risulta in avanzo: il saldo positivo si è attestato infatti a circa +204 milioni di euro, in crescita del 96% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In pratica, le importazioni sono calate (4,9 miliardi di euro; -3,7%) più delle esportazioni (5,1 miliardi di euro per un -1,7%).
Come accennato, una prima valutazione dell’andamento dell’annata agricola 2020 non può non tener conto degli effetti dell’emergenza sanitaria legata al Covid. Il settore agricolo ha subito ingenti danni, ma meno di altri. Tanto nella prima quanto nella seconda ondata della pandemia il blocco imposto a bar, ristoranti, agriturismi e agli spostamenti si è fatto e si sta facendo sentire sulla filiera degli allevamenti e sulle altre aziende che li riforniscono. Particolarmente colpiti gli agriturismi e le attività dei servizi offerti dalle aziende agricole (fattorie didattiche, centri estivi in fattoria), che registrano perdite di fatturato nell’ordine del -50% rispetto al 2019.
Passando alle singole produzioni, per quanto riguarda i cereali e le colture industriali l’annata agraria 2020 ha registrato incrementi generalizzati a due cifre, recuperando le flessioni registrate nel 2019. Rese record hanno interessato il mais (+30,7%), la colza (+33,7%), il grano duro (+27,3%), il grano tenero (+16,7%), le barbabietole (+14%), il tabacco (+23%) e la soia (+9%).
Andamento altalenante per le colture orticole con performance positive per pomodoro (+6%), asparago (+11,6%), patate (+23,5%) e negative per radicchio (-12,6%), lattuga (-5%), fragole (-3%), ecc. Calano le superfici produttive: Veneto Agricoltura stima che le orticole in piena aria, che rappresentano oltre il 70% degli ortaggi coltivati in Veneto, si attestino a circa 19.100 ettari (-5,3%), mentre le orticole in serra vengono stimate a circa 4.100 ettari (-4,7%).
Andamento climatico favorevole e problematiche di cimice asiatica più contenute rispetto allo scorso anno hanno riguardato le frutticole. Buoni aumenti delle rese in particolare per melo (+29,9%), pero (+195%), ciliegio (+69,4%). In calo, invece, le rese per pesche nettarine (-41,6%) e kiwi (-24%). Annata eccellente per l’olivo, dopo l’infausto 2019, con forti rialzi delle rese unitarie (+756%) e della produzione di olive (+762%).
Buone notizie arrivano anche dal vigneto veneto che nel 2020 ha ottenuto una produzione di uva di circa 14,1 milioni di quintali (+6,9% rispetto al 2019) e 11,7 milioni di ettolitri di vino (+7%). La superficie vitata è salita a 92.804 ettari, con un rialzo annuo del +3,9%. Il 77,1% circa della superficie riguarda aree DOC/DOCG, il 18,4% aree IGT e il restante 4,5% vitigni da tavola e varietali, a conferma dell’altissima qualità raggiunta dal comparto vitivinicolo veneto. Stabili i prezzi, mentre le conseguenze della pandemia interessano prevalentemente le chiusure delle frontiere e del canale Horeca. Dopo diversi anni, si registra il primo segno meno nel commercio estero di vino veneto nei primi tre trimestri del 2020, visto che la nostra regione ha esportato per circa 1,57 miliardi di euro (-3,6%).
In difficoltà il comparto lattiero-caseario, con pesanti ricadute sugli allevamenti che forniscono la materia prima. La chiusura, o parziale chiusura, del canale Horeca e l’azzeramento dei flussi turistici hanno causato situazioni di eccedenza di latte (primavera) con crollo dei prezzi. Il prezzo del latte alla stalla diminuisce del -6% fermandosi ad una media annua pari a circa 36,5 euro/100 lt. In aumento le produzioni dei principali formaggi, soprattutto gli stagionati, come l’Asiago d’allevo (+40%), il Piave (+23%) e il Montasio (+8%), ma non del Grana Padano (-1,5%), condizionato negativamente dalle difficoltà di esportazione.
Anche il comparto zootecnico da carne veneto ha subito gli effetti del lockdown, seppure in maniera diversa a seconda della filiera produttiva. In forte diminuzione le macellazioni di bovini del -10%, soprattutto dei vitelli a carne bianca che hanno un importante sbocco nel canale Horeca, nonostante il sostegno della domanda domestica (+4,5% in volume).
Per quanto riguarda la pesca marittima, nel 2020 si sono registrate diminuzioni generalizzate della produzione locale e dei transiti di prodotti ittici nei mercati veneti a causa del protrarsi della chiusura delle attività commerciali abituali sbocchi di vendita del pesce, in primis ristorazione e turismo, oltre alle problematiche dovute al minor numero di giornate utili di pesca in mare.