Il comparto vitivinicolo italiano conferma la sua rilevanza strategica, chiudendo il 2024 con un valore della produzione certificata superiore a 9,2 miliardi di euro e un volume di quasi 44 milioni di ettolitri, dati che ribadiscono la leadership mondiale del Paese. Tuttavia, lo scenario resta complesso, condizionato da incertezze internazionali, calo dei consumi e tensioni sui mercati esteri.
Secondo il settimo Annual Report di Valoritalia, il 2024 è stato un anno positivo ma non brillante, con oltre 2 miliardi di bottiglie immesse sul mercato (-0,46% rispetto al 2023, ma +1,4% sulla media quinquennale). Gli spumanti trainano la crescita con un +5%, mentre i vini rossi perdono terreno (-6,8%), a conferma di un cambiamento delle preferenze verso vini più leggeri e di pronta beva. In termini di denominazioni, crescono le Doc (+2,7%), mentre calano Docg (-2,3%) e Igt (-6,3%).
L’export resta vitale, ma si scontra con la minaccia dei dazi USA al 10%, che colpirebbero il 24% delle esportazioni verso gli Stati Uniti, per un valore di 1,94 miliardi di euro. Secondo Unione Italiana Vini (Uiv), il danno stimato sul fatturato si aggirerebbe tra il 10 e il 12%, perché il 90% delle imprese ritiene che i consumatori americani non assorbirebbero l’extra-costo. Ben il 77% delle aziende prevede impatti medio-alti o molto alti. Proprio per questo molte imprese hanno già avviato strategie di diversificazione sui mercati extra-UE, puntando in particolare su Canada (53%), Regno Unito (51%) e Giappone (47%).
Il Canada emerge come sbocco promettente, con importazioni di vino italiano per 442 milioni di euro e una quota di preferenza tra i consumatori pari al 51%, davanti ad altri Paesi produttori.
Sul fronte interno, la situazione dei consumi fuori casa continua a preoccupare. Nei primi quattro mesi del 2025, il vino nei locali italiani ha perso il 12% delle consumazioni rispetto all’anno precedente, toccando quota 116,8 milioni, mentre le bollicine hanno segnato un calo ancora più marcato (-13%). Anche gli spirits risultano in calo del 14%, segnalando un generale rallentamento della spesa fuori casa, solo parzialmente compensato dalla ripresa di aprile e maggio.
Il settore continua a fare i conti con la gestione delle giacenze, complice la ripresa della produzione (+14,5% rispetto al 2023, con 43,9 milioni di ettolitri), alimentando timori di sovrapproduzione. Agea ha rilevato che il 75% del vigneto italiano è composto da 80 vitigni autoctoni, su una superficie di 728.000 ettari, confermando la grande biodiversità viticola del Paese.
Le vendite dirette in cantina si confermano prioritarie per l’84% delle aziende vitivinicole, insieme al canale horeca (87%), molto più rilevanti rispetto a GDO (39%) e online (45%). La connessione tra vino e turismo rimane quindi un fattore strategico.
Intanto Uiv richiama all’esigenza di adeguare il Testo unico del vino alle nuove dinamiche di mercato entro il 2026, per affrontare cali di consumo, giacenze e rischi geopolitici. Tra le proposte: riduzione delle rese, revisione dei disciplinari e una riorganizzazione delle denominazioni italiane, oggi 529 ma fortemente sbilanciate, visto che le prime 20 coprono l’80% della produzione.
Anche Mediobanca ha evidenziato la necessità di un ripensamento del modello produttivo, per evitare vendemmie troppo abbondanti in un contesto di domanda fiacca, sottolineando come il settore vitivinicolo italiano, pur con una buona competitività internazionale, resti meno redditizio rispetto ad altri comparti alimentari.
In prospettiva, i driver di successo nei prossimi anni saranno spumanti, vini a basso tenore alcolico e prodotti certificati green, con l’81% dei consumatori italiani e il 74% di quelli canadesi che già li indicano come priorità nelle scelte di acquisto.
In sintesi, la settimana del 30 giugno – 4 luglio 2025 fotografa un settore vitale e competitivo, ma messo alla prova da sfide strutturali, geopolitiche e di consumo che richiedono interventi strategici e riforme per continuare a essere leader a livello mondiale.