Trend del vino in Italia – Settimana 1-5 settembre 2025

Il comparto vitivinicolo italiano affronta l’autunno con luci e ombre. Da un lato le grandi aziende resistono e trainano il settore, dall’altro emergono criticità legate a consumi in calo, giacenze record e tensioni sui mercati internazionali.

Trend del vino in Italia – Settimana 1-5 settembre 2025

I 115 big del vino
Il cuore pulsante del settore resta il nucleo delle 115 principali aziende italiane, che da sole muovono oltre il 63% del giro d’affari complessivo: 14,5 miliardi di euro nel 2024. Nel 2025 il fatturato complessivo dei top player ha toccato i 9,1 miliardi (+1,1% sul 2023), con export in crescita (+1,8% a 5,3 miliardi) e mercato interno sostanzialmente stabile. Sono 27 i brand che superano i 100 milioni di euro di fatturato, confermando il ruolo delle realtà più strutturate come scudo nelle fasi difficili.

Vendemmia 2025: qualità sì, ma gusti in evoluzione
La raccolta è partita in Piemonte, con Pinot nero e Chardonnay in condizioni ottimali dopo un’estate equilibrata. Annata promettente, dunque, ma il mercato cambia: cresce la domanda di vini a bassa gradazione o dealcolati, soprattutto tra i consumatori più giovani e attenti a stili di vita sobri. In crisi alcune denominazioni storiche (Moscato, Barbera, Dolcetto), con milioni di litri invenduti e strategie difensive: riduzione delle rese e diversificazione verso succhi e derivati.

Il nodo delle giacenze
Le cantine italiane custodiscono quasi 40 milioni di ettolitri di vino invenduto, equivalenti a una vendemmia intera. Toscana e Veneto guidano la classifica regionale delle scorte, con il Prosecco Doc al vertice per volumi. L’eccesso di stock deprime i prezzi e costringe molti produttori a svendere, con il rischio di erodere margini e valore percepito. La proposta di ridurre le rese per ettaro e frenare nuove autorizzazioni ai vigneti punta a riequilibrare domanda e offerta, trasformando un problema in occasione di riposizionamento sulla qualità.

Export: tra freni e nuove opportunità
Gli Stati Uniti restano il primo mercato, ma i dazi al 15% introdotti da Trump hanno rallentato le importazioni: dopo un boom iniziale di scorte, il secondo trimestre 2025 ha segnato -7%. L’export italiano chiude comunque il semestre a +2,5%, grazie proprio agli acquisti anticipati. Germania e Canada corrono (+10% e +11%), mentre Regno Unito, Svizzera, Corea del Sud e Cina frenano. Spumanti in crescita moderata (+1% a valore), trainati da Giappone e USA, mentre i vini fermi italiani recuperano soprattutto in Germania.

Geopolitica del vino
La partita commerciale si sposta verso nuove aree: l’accordo UE-Mercosur apre spazi importanti in Brasile, Argentina e Messico, mercati in crescita che potrebbero diventare fondamentali per diversificare il rischio legato agli USA. Intanto, la querelle legale sui dazi americani alimenta incertezza, con le aziende costrette a lavorare su listini 2026 ancora gravati dalle tariffe.

Fine wine e investimenti
Il mercato dei grandi vini da collezione attraversa una fase di ribasso. Bordeaux soffre, mentre l’Italia tiene meglio grazie a Brunello, Chianti Classico, Supertuscan e i rossi piemontesi, apprezzati per longevità e affidabilità.

Visione strategica
Il settore vive un passaggio cruciale: la retorica identitaria non basta più. Serve realismo, capacità di leggere i nuovi comportamenti di consumo e strategie di lungo periodo basate su diversificazione dei mercati, controllo delle rese e innovazione. La sfida è difendere il valore del vino italiano senza inseguire solo i volumi, trasformando la crisi delle giacenze e dei dazi in leva per un futuro più solido.

In questa cornice, il vino italiano continua a essere simbolo di eccellenza, ma oggi più che mai deve saper unire tradizione e visione, per non restare intrappolato nel peso della sua stessa gloria.