Fondi per l’agricoltura poco accessibili ai piccoli: servono i patti di filiera

Per intercettare i 100 miliardi destinati a innovazione e sostenibilità è fondamentale il ruolo aggregativo di associazioni e consorzi.

Un piatto ricco ma non per tutti. La filiera agroalimentare italiana si candida a giocare un ruolo da protagonista nella corsa all’utilizzo dei fondi del Recovery Plan. In particolare, dei 100 miliardi di posta stanziati complessivamente nei capitoli dedicati a digitalizzazione e transizione ecologica. Non tutta la filiera però, va detto, perché la capacità di investimento richiesta dal programma finanziato con i fondi europei del Next Generation Eu potrebbe, in molti casi, non essere alla portata di una realtà strutturalmente frammentata come quella dell’agricoltura italiana. Che potrà comunque contare, anche fuori dall’ambito del Green Deal europeo, sui quasi 50 miliardi di finanziamenti previsti dalla nuova Politica agricola comune post 2020, tra aiuti diretti al reddito e programmi regionali di sviluppo rurale.

Digitalizzazione e transizione

Principalmente, il sostegno al settore agroalimentare si colloca nell’ambito delle due missioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza dedicate rispettivamente a “Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo”, con un budget previsto di 40,29 miliardi, e la missione 2 dedicata a “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, quest’ultima in particolare nella componente dedicata ai temi “Agricoltura sostenibile ed economia circolare” con 59,46 miliardi. I finanziamenti dovranno sostenere lo sviluppo di una filiera agroalimentare sostenibile e competitiva; progetti integrati in tema di economia circolare, mobilità, rinnovabili, digitalizzazione. E ancora l’ammodernamento di lavorazione, stoccaggio e confezionamento di prodotti alimentari per ridurre l’impatto ambientale, eliminare o generare meno rifiuti favorendone il riutilizzo a fini energetici e ambientali.

Fonte: Il Sole 24 Ore